lunedì 14 novembre 2011

Patate Hasselback in versione vegana (più Boeuf Bourguignon di Julia Child)



Patate Hasselback in versione vegana

Sapevo che non sarebbe stato facile, ma non immaginavo che sarebbe stato così difficile. Essere l'unica vegana della famiglia può sembrare un paradosso, soprattutto quando tuo marito ti chiede di cucinare una Boeuf Bourguignon per il pranzo della domenica :( Ebbene sì, ieri mi è toccato cucinare pezzi di cadavere per Alfo e Luce. Ora potrei raccontarvi mille bugie, ad esempio che durante il pranzo ho ricordato loro il mio amore per gli animali, la natura e l'ambiente e che gli ho fatto pesare la situazione facendoli sentire in colpa. Già, potrei dirvelo, ma non lo farò. Perché così non è stato! Non finirò mai di ripeterlo, sono io l'unica vegana della famiglia, sono io quella che mangia insalate, zuppe e semi vari. Mio marito e la mia bambina no. E io li amo! :)

Non avevo mai cucinato una Boeuf Bourguignon nemmeno quando ero onnivora, ma sapevo che si trattava di una ricetta francese. Quindi, munita di "Mastering the art of french cooking" di Julia Child, mi sono lanciata in una accuratissima preparazione. Per prima cosa ho tradotto tutta la ricetta in italiano e convertito le unità di misura. Noooooo, non la posterò da nessuna parte ;) Per questo ci sono tanti siti "carnivori" dove potrete attingere alle varie traduzioni (sempre che non abbiate voi stessi il libro originale da spulciare). Una cosa però lasciatemela dire. Julia Child spiegava le sue ricette in modo così dettagliato, minuzioso, maniacale e particolareggiato, che chiunque decida di cimentarsi in qualche preparazione, può star certo che alla fine si ritroverà fra le mani un vero concentrato di "pura magia". Un piatto di altissima cucina! Aveva proprio ragione Julie Powel quando nel film "Julie & Julia" disse che durante la preparazione di quelle ricette sembra che Julia Child sia lì da qualche parte nella tua cucina, ad aiutarti come una "fata buona". Giuro che è proprio così! Provare per credere ;)
La mitica Cocotte







Dopo aver tradotto la ricetta, ho capito che con le pentole che avevo a mia disposizione non sarei mai riuscita a cucinare niente di neanche lontanamente somigliante a una Boeuf Bourguignon. Mi serviva una "Cocotte" e io non solo non ne ero munita, ma non sapevo nemmeno cosa fosse. Fu così che iniziai un googleaggio selvaggio e scoprii cose molto interessanti. La vera, originale ed unica Cocotte è quella fabbricata da Le Creuset in Francia. Si tratta di una pentola bella massiccia (attenzione a non farla cadere, potrebbe causare un bel po' di danni ;) costruita in ghisa smaltata e munita di coperchio. Si utilizza principalmente per le cotture lente, uniformi, complete, in una parola: perfette. Passa con disinvoltura dal fuoco dei fornelli al caldo rovente del forno. E' stata inventata nel 1925 e prodotta in una fonderia nel nord della Francia. Pensate che per fabbricarne una ci vogliono ben 30 artigiani e lo stampo di sabbia che viene utilizzato per ogni singola pentola, viene distrutto di volta in volta. Ogni Cocotte è quindi un pezzo unico. Un piccolo gioiello di alta cucina! No, dico, avrei mai potuto cucinare la Boeuf Bourguignon per mio marito e la mia bambina senza dotarmi di questo indispensabile "utensile"? Certo che no! Quindi, sull'imbrunire di sabato sera, mi precipitai in uno dei negozi di casalinghi più forniti di Milano (e anche uno dei più costosi, sigh!) in zona Corso Como. Ovviamente, prima di tuffarmi nel traffico, telefonai per sapere se avessero l'articolo. Mi passarono un ragazzo molto gentile; non solo la Cocotte de Le Creuset era disponibile, ma me l'avrebbero tenuta da parte.
Munita della mia Cocotte arancione, ben riposta nel portabagagli, andai a comperare tutti gli ingredienti necessari e tornai a casa per l'ora di cena. E' stato solo ieri pomeriggio però, che mi sono cimentata in questa ricetta per carnivori. La Boeuf Bourguignon fu pronta per l'ora di cena.
Boeuf Bourguignon
Ovviamente non potevo non accompagnare questo piatto con qualcosa di vegano, perché io non l'avrei di certo mangiato. Fu così che unii l'utile al dilettevole. Cucinai delle patate Hasselback (in versione vegana ;), che avrebbero accompagnato la Boeuf Bourguignon e costituito la mia cena.







Patate Hasselback in versione vegana
4 grosse patate bio
olio extra vergine di oliva
pangrattato 
tofu grattuggiato
sale rosa dell'Himalaya
La preparazione è davvero molto semplice e di grande effetto. Prendete le patate, sbucciatele e incidetele sottilmente a fettine senza arrivare troppo in basso, ma a circa 2/3 di profondità. Dopo la lavorazione, sciacquatele ed asciugatele. Disponete le patate su una pirofila nella quale avrete messo della carta forno leggermente unta. Fate cuocere in forno per circa 30 minuti a 200°. Sfornate e spennellate ogni patata con poco olio extra vergine di oliva, spolverate con un po' di pangrattato, aggiungete un pizzico di sale e un po' di tofu grattuggiato. Rimettete in forno per circa 20 minuti o finché le patate non risultino dorate.
P.S. Per dovere di cronaca, l'idea delle patate Hasselback (riadattate da me in versione vegan) l'ho avuta da un sito che adoro letteralmente, il Cavoletto di Bruxelles. Ci sono delle fotografie spettacolari!

giovedì 10 novembre 2011

Cosa uso al posto dei rotoli da cucina? Le lavette!

Il cestino di lavette che ho messo accanto al lavello in cucina

A volte penso che basterebbe così poco per preservare la nostra amata Terra. Al di là di tutti gli - purtroppo ovvi - interessi economici che stanno alla base del discorso, io credo che sia anche una nostra "pigrizia mentale" quella di riuscire a porvi rimedio così difficilmente e lentamente (molto lentamente). Quasi che si dovesse emulare la massa per forza, perché lo fanno tutti, perché altrimenti come si fa? Già e come facevano le nostre nonne 50 o 60 anni fa? Semplicemente facevano quello che era più naturale, forse senza nemmeno saperlo. Un rotolo di carta da cucina equivale ad alberi tagliati. Un tempo non esisteva. Ed ecco che mi è venuta un'idea carina, per evitare sprechi (in termini di alberi abbattuti, ma anche di bilancio familiare, di rifiuti da smaltire, di imballaggi che poi si buttano, ti smog causato dal trasporto del prodotto dal fornitore verso i supermercati). Non che io ce l'abbia con questi rotoli e che questi siano il capro espiatorio di tutti i mali ;) Anzi! Semplicemente un giorno ho pensato:- E se non li utilizzassi più? Come potrei sostituirli?" L'idea che mi è venuta in mente è così semplice che risulta imbarazzante. Ho messo accanto al lavello della cucina un cestino contente delle lavette, cioè dei quadrotti di spugna. Il cestino l'ho comprato in un negozio di casalinghi provenzali (perché io adoro la Provenza, non si era capito? ;) e le lavette in una normalissima merceria. Sono di spugna e molto resistenti, in cucina ormai le uso per tutto, per asciugare la classica goccia d'acqua, per pulire i fornelli, per asciugare frutta e verdura, per pulire il seggiolone di Luce dopo i pasti, persino per tamponare i fritti che cucino per mio marito. Ne uso diverse al giorno, poi le metto in lavatrice con il resto del bucato. Sapone di Marsiglia e via andare. Il giorno dopo sono già pronte per essere riutilizzate e rimpinguare il mio cestino. Perché non provate anche voi? :)

Zuppa di farro con cavolo nero




Cavolo nero 1
Farro decorticato 5 cucchiai
Fagioli Canellini 240 g
Passata di pomodoro 1/2
Cipolla 1/2
Carota 1
Sedano 1
Olio extra vergine di oliva q.b
Sale rosa dell'Himalaya q.b

Lo dico subito e con orgoglio, non solo questa zuppa è venuta squisita, ma per me rappresenta già - la zuppa è stata fatta solo ieri sera - un ricordo bellissimo che serberò nel cuore :) Sì, perché nella sua preparazione mi ha aiutato per la prima volta la mia bambina e ci siamo divertite tantissimo! Dunque: iniziate a buttare un occhio agli ingredienti e prendeteli con le pinze, perché, giurin giuretta, non ho seguito dosi specifiche, ma sono andata veramente ad occhio. Forse un solo cavolo nero è troppo poco (ho visto che in alcune ricette se ne usano due) e mai da nessuna parte ho letto di utilizzare mezza cipolla per il soffritto (solitamente se ne usa una intera), ma....ricordare la "bizzarra piramide alimentare" di mio marito? Lui non ama le cipolle e quindi, mezza, è il massimo che mi è consentito. La preparazione è molto semplice. In teoria ci vorrebbero dei cannellini secchi, da lasciare in acqua tutta la notte precedente e bla bla bla, io me ne sono dimenticata e purtroppo me ne sono accorta solo ieri pomeriggio. Quindi ho azzaffato dalla dispensa il primo barattolo di cannellini già lessati che avevo - bio, ovviamente - ed ho usato quello. Cominciate con mondare il cavolo nero, fatene delle listarelle e tenetele da parte. Poi fate un trito di cipolla, sedano e carota, mettetelo in una pentola, buttateci sopra un pizzichino di sale che non serve solo a insaporire, ma anche e soprattutto a evitare che il trito si bruciacchi, in quanto il sale assorbe acqua e pare sia questa la colpevole! Irrorate con un po' di olio e fate appassire il tutto. Aggiungete la passata, mescolate bene e lasciate sobbollire per alcuni istanti. Nel frattempo frullate i cannellini in un po' della loro acqua di cottura fino ad ottenere una bella purea. Aggiungete anche questa e mescolate. Aggiungete le listarelle del cavolo - non è un insulto, non saprei come altro chiamarle ;) - e solo alla fine il farro con un po' di acqua calda. In teoria, l'acqua si dovrebbe aggiungere un po' per volta, io ci ho versato direttamente un pentolino di acqua calda e ho visto che va bene lo stesso. Date una bella rimestata, abbassate il fuoco e lasciate cuocere per un'ora - anche se sulla confezione del farro c'è scritto un tempo di cottura di molto inferiore -. Ricordatevi di girare di tanto in tanto onde evitare che si attacchi. Alla fine aggiustate di sale. I piatti vanno conditi con l'aggiunta di un po' di olio extra vergine di oliva. Era la prima volta che la facevo, sarà stata la fortuna della principiante, ma credetemi, il risultato è stato strepitoso. E anche Luce se ne è mangiata un bel piattone ;)

mercoledì 9 novembre 2011

Una fotografia, la mia cucina, la mia vita





Un dettaglio della mia cucina


Oggi mi sento in una fase di stallo :( Mi sento divisa in due, anzi...in tre. Sì, perché coniugare tre diversi stili alimentari - quello vegano per me, quello onnivoro per Alfo e quello "misto" per Luce, non è affatto semplice. Il tempo è sempre poco e quel poco che mi rimane alla fine della giornata devo giostrarmelo sempre alla svelta, con diversi ingredienti, diversi tempi di cottura, diverse consistenze, diverse ricette. E non sempre quello che ne vien fuori è di "gradimento" ai miei commensali...ça va sans dire! Ecco, oggi mi sento come questa fotografia che ho scattato poco fa in cucina. Da una parte le ricette francesi (e molto, molto, molto burrose) di Julia Child, quelle americane dell'ormai leggendario -  ed entrato nel mito - "Joy of Cooking" di Irma Rombauer e dall'altro lato i libri di cucina vegetariana o vegana. Nella foto appaiono anche il barattolo del caffè di mio marito e il mio macinino di spezie provenzali comperato l'estate scorsa a Sainte Maxime (un luogo incantevole!!). Poi...lo vedete quel macinino da caffè Lehnartz ante guerra che era di mia nonna? (cioè, sarebbe ancora suo se non glielo avessi rubato in una della mie ultime visite :) Ecco! Io oggi mi sento un po' così. Come un qualcosa che macina, macina, macina, senza sapere bene cosa stia facendo e come. Naturalmente......fra una ricetta onnivora ed una vegana :)

martedì 8 novembre 2011

Mal di gola? Mi bevo un Salabat

Salabat - decotto alla zenzero - 
Ecco un altro rimedio naturale della mia amica Tess ;) Nelle Filippine lo si beve tradizionalmente ogni mattina per colazione. Il Salabat è un decotto alla zenzero, spezia dalle mille virtù. E' antinfiammatorio, antiossidante, digestivo e pare che per il mal di gola e il raffreddore sia strepitoso. Farlo è semplicissimo: basta comperare una radice di zenzero (nei negozi bio lo si trova facilmente), tagliarne una parte (non occorre utilizzarla tutta, in genere la radice di zenzero è abbastanza grande), pelarla, affettarla e metterla a bollire in acqua bollente per una decina di minuti. Una volta pronto il decotto, lo si filtra e lo si beve caldo. Cioè, più che filtrarlo basta togliere i pezzettoni di radice galleggianti ;) Il colore è di un bel giallo ocra ed il profumo assomiglia molto a quello della citronella. Tess mi ha consigliato di aggiungere qualche cucchiaino di zucchero, ma sebbene io l'avrei sostituito con un cucchiaino di malto di riso, dopo averlo assaggiato ho deciso di berlo al naturale. Il sapore mi piace davvero tanto!! E' un misto tra limone, sale e peperoncino. Provate!

domenica 6 novembre 2011

Biscotti ai fiocchi d'avena

Biscotti ai fiocchi d'avena

1 tazza di fiocchi d'avena
1/3 di tazza di mandorle tritate
1/2 tazza di succo di mela
1/2 tazza di acqua

Il bello di questi biscotti è che si fanno praticamente da loro per quanto è semplice la ricetta :) Se poi rovistando nella vostra cucina, vi accorgete di avere già tutti gli ingredienti a disposizione - come è successo a me stamattina - farli vi metterà ancora più allegria, o quella sensazione paragonabile ad una bella pacca sulla spalla nei momenti di sconforto.

Soprattutto oggi che:
1) è domenica (la giornata della settimana che più detesto)
2) fuori piove e ciò che vedo dalla finestra ha un colore monocromatico tendente al grigino scuro con qualche sfumatura di grigino un po' più chiaro
3) no, non vivo a New York - non per ora ;) - 
4) ho passato tutta la mattinata a sistemare qualcosa per Alfo e Luce, aggiustare qualcosa per Alfo e Luce, preparare qualcosa per Alfo e Luce
5) e ho fatto tutto di cui al punto 4 inseguita da Luce mentre Alfonso lavorava al portatile - con sigaro in bocca - sul terrazzino
6) per fotografare il mio "prodotto finito", cucinato in una giornata plumbea come questa, ho sfidato freddo, vento e pioggia sul terrazzino, alla ricerca di un barlume di luce naturale

Ma bando alla ciance!!

Allora: prendete i fiocchi d'avena, riempitene una tazza e versateli in una terrina o in un recipiente abbastanza capiente. Poi aggiungete il succo di mele bio - e l'acqua - filtrata con la caraffa - , girateli un pochino con un cucchiaio di modo che siano tutti belli "annegati" e lasciateli risposare per 15 minuti. Nel frattempo tritate col robot da cucina le mandorle abbastanza finemente. Allo scadere dei 15 minuti, portatevi avanti accendendo il forno a 170°. Prendete i vostri fiocchi, scolate il liquido in eccesso ed aggiungetevi le mandorle tritate. Mescolate per rendere omogeneo il composto e dopo di che, formate delle palline rotonde della grandezza di....un Mon Chéri...giusto per capirci ;) Disponeteli sulla carta da forno e infornate. Fate cuocere per 15-20 minuti.

Devo dire che questi biscottini, di primo acchito hanno avuto un impatto strano sul mio palato. Eh già, sapevano.....di avena!! Niente di strano, direte voi, dato che il nome di questa ricetta è proprio "Biscotti d'avena". Solo che, non ero abituata! Sapete quando assaggiate dei biscotti "onnivori" e qualunque sia il loro nome, alla fin fine sanno sempre di zucchero (tanto, tantissimo) e burro (ancora più tanto, ancora più tantissimo)?. Ecco. Il bello del cucinare vegan, invece, è proprio questo: che i sapori si ribellano e spezzano le loro catene! Il bello è che si spogliano di quella "camicia di forza" che era data loro dai derivati animali!! (e dallo zucchero raffinato)

mercoledì 2 novembre 2011

Sei all'inizio? Vacci piano con te stesso

Victoria Moran, scrittrice vegana
Molti anni fa, lessi un libro che mi cambiò la vita e che divenne "Il Libro" che da allora staziona fedelmente sul mio comodino accanto al letto. Questo libro si intitola "La vita che hai sempre voluto" e che purtroppo, in Italia, ora è fuori produzione. Per la copia in inglese cliccate qui.

La mia copia del libro "distrutta" dagli anni

Molti anni dopo l'uscita di questo libro, contattai Victoria per chiederle alcuni consigli ed opinioni riguardo l'alimentazione vegana. Lei si dimostrò subito gentile e disponibile e ci scambiammo qualche mail. In una di queste, mi scrisse queste importanti righe:


"(...) cheese is the hardest to give up, but you don't have to be perfect from day 1. Just make it a lovely adventure, read a lot, and go easy on yourself."


"(...) il formaggio è il più difficile da togliere, ma tu non devi essere perfetta dal primo giorno. Rendila un'avventura piacevole, leggi molto e vacci piano con te stessa".


Devo dire che questo "vacci piano con te stesso" è ripreso anche da alcuni dei maggiori libri di alimentazione vegana che ho letto. "La Cucina Etica per mamma e bambino" di Emanuela Barbero e Antonella Sagone, per esempio, raccomanda alle donne in allattamento e gravidanza di non cambiare regime alimentare in questi due momenti così delicati per una donna.
Non viene scritto espressamente, ma si intuisce il riferimento del passaggio da quello onnivoro a quello vegano.
"Quando, di punto in bianco, si abbandona un sistema di riferimento alimentare consueto, strutturato, che ha trovato nel tempo il suo equilibrio, ci vuole altro tempo prima di trovare un equilibrio nuovo, e intanto che si procede per prove ed errori si rischia di andare incontro a carenze, intolleranze, insoddisfazioni, squilibri. (...)".


Andateci piano con voi stessi. Ecco, io credo che dirlo, specificarlo a più riprese, sia una dimostrazione di assoluta trasparenza e sincerità da parte di chi vegano lo è ormai da tempo. La verità è che il nocciolo della questione, per chi ancora nemmeno sa come approcciarsi al regime alimentare vegano, è che prima si "introducono" tutti i cibi che andrebbero a compensare quelli di derivazione animale (faccio esempi facilissimi e semplicistici: il seitan o i legumi per la carne, il tempeh e il tofu per uova e formaggio, il sesamo e la frutta secca per sopperire al calcio e al ferro, l'olio di lino per il pesce etc etc.) e solo dopo, ripeto, DOPO, si eliminano i prodotti che si vuole togliere. Sembra semplice, ma non lo è. Almeno, per me non lo è stato. E come ha scritto la mia paladina, Victoria Moran, questa avventura non deve essere un supplizio, una privazione, ma uno stile di vita nuovo e affascinante, che ci permette di scoprire nuovi gusti e nuovi sapori, che ci riconcilia con la vita ed il gusto vero per il cibo, perché la carcassa di una mucca uccisa e squartata non è cibo, è solo il cadavere di un povero animale che ha sofferto. Essere vegani è uno stile di vita che ci riconcilia col mondo, che riempie d'amore le nostre giornate, la nostra tavola e le nostre cucine, con la curiosità di rimetterci ai fornelli, imparando nuove ricette e nuovi accostamenti di sapori, da proporre ai nostri figli e più in generale, alle persone che amiamo.